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sabato 24 novembre 2018

Con Papa




                                     Papa
Ho venticinque anni, a detto di molti, sono una bella fica. Molti corteggiatori, ma nessuno in particolare. Come tutte le ragazze, di questo mondo, sono in attesa del grande amore.
Forse, è solo fantasia, di autori, di soap opera. Il vero amore, esiste?, per adesso da me non è arrivato.
Forse, è da qualche parte, un giorno verrà è busserà alla mia porta.
Via la malinconia, io sono sia allegra, che ottimista, per natura.

Oggi sono felice. Parto per la Germania. Mi hanno offerto, un lavoro stupendo,è bel pagato. Il mio amato, è stupendo, papa, mi a chiamata, mi porta a cena fuori. Lui è mamma si sono divisi, anni fa. Lui vive da solo, non a voluto frequentare, più nessuna. Io lo consigliato di, rifarsi una vita, non è giusto che, vive da solo. La sua risposta, fu non cerco nessuno, quando, voglio un po’ di compagnia, femminile, ti chiamo, è se lo vorrai, staremo un po’ insieme.
Quella sera, era l’ultima, che passava in città. La madre, piangeva, come era suo solito, si commiserava, restava sola.
Ero in bagno, mi preparavo per uscire. Mi stavo preparando con più cura delle altre volte, non lo so il motivo, io amavo il mio bel papa, credo che tutte le bambine, amano, si innamorano del loro papa. Ero pronta, appena in tempo, suono il citofono, era papa. Scesi giù, lui era sul portone, con una rosa, rossa.
- Amore mio come sei bella, ebbi ragione, di volerti dare il nome Stella. Perché tu sei una stella, la mia stella. Papa basta con i complimenti, ci credo per davvero. Mi apri la portiera dell’auto, ci avviammo. Aveva prenotato un tavolo a un ristorante fuori città, il più in. Al nostro ingresso, papa disse, il suo nome, il capo cameriere ci guido al tavolo, mi chiamo signora. Io è papa, ci guardammo sorridendo, ci aveva preso per marito, è moglie. Devo confessare, che quando esco con lui, sono gelosa, lei donne non gli tolgono, gli occhi di dosso, se lo scopano, con gli occhi. Lui è un tipo elegante, è ben curato, il tipo, di uomo come, Richard Gere, per darvi un’idea. Se poi, aggiungiamo che ricco, è scapolo. Tirare voi le somme.
La cena era ottima, è anche il vino. È papa riempiva il mio bicchiere, non badavo a quello che faceva lui, inseguito capi che lui non beveva, voleva, ubriacarmi, è ci riuscì.
Da questo momento della mia storia, la racconterò come, me la racconto papa.
Uscimmo dal locale che, io appena, mi reggevo in piedi, mi porto a casa, sua, mi disse che, gli avevo confidato, che ero innamorata di lui, è se ero ancora vergine alla mia età, era perché volevo che dovesse essere lui, a scoparmi.  A fatica riuscì a portarmi su, nel suo appartamento, mi costrinse a bere del caffè. Mi fece stendere sul suo letto, mi tolse le scarpe, poi. Il  malandrino, mi tolse il vestito, rimasi con la mutandina, è reggiseno, i due capi erano bianchi, facevano, un bel contrasto con il mio corpo abbronzato. Disse che lo scovolassero, vedermi, cosi sex, siccome si eccito, tiro fuori il cazzo, inizio a masturbarsi, lentamente, con cautela, per paura che mi svegliavo, inizio, a togliermi la mutandina, mi fece aprire le cosce, mi diede una leccata alla figa, ubriaca come ero, la mia passera, puzzava di pipi. Cosi non continuo, mise un dito tra le grande labbra, è mi masturbava, mi disse, è non sono in grado di smentirlo, lo invocai di chiavarmi, dammi il tuo cazzo papa. Sue parole.
Si mise su di me, diede una spinta, entro nella mia vergine figa.
Mi chiavo due volte.
La mattina mi svegliai al suo fianco, lui dormiva, con stupore, notai che eravamo nudi, alzai il lenzuolo, era sporco di sangue. Mi a sverginato. Forse dovevo essere arrabbiata, non lo ero, forse l’avevo sempre voluto. Non si arriva alla mia, età, ancora vergine.
Mi accostai a lui, lo baciai, papa svegliati, si giro, sorridendomi, misi la mano tra noi, gli presi il cazzo, era semi rigido.
Papa chiavami adesso, che capisco, ti voglio.
Il cazzo reagì divento duro, è dritto, una bella asta di carne, calda. Mi venne sopra, piano entro, in fica, non ci baciavamo, avevo la bocca, un vero cesso,  dopo la sbornia. Mi aggrappai a lui, inizio a chiavarmi, che bello, anche se avevo chiavato durante la notte, non ricordavo nulla, adesso era differente, per me era la prima chiavata. Gli misi i piedi sul culo, è le braccia, in torno al suo torace, è lui chiavava, stavo godendo da matti, è quando lui mi sborro in fica, io venni di nuovo.
 Nel pomeriggio, mi porto all’aeroporto. Ciao papa verrai a trovarmi, ti confido che non vorrei più partire, è stato bellissimo.
- Amore mio, ti amo più della mia vita, io non verro, devi conoscere un ragazzo, è rendermi nonno, è stato tutto fantastico, finisce qui.

- Credo che aveva ragione lui. Sono passati degli, anni, sono sposata, con un amore di uomo, è un Norvegese. Papa come aveva detto lui voleva, essere nonno, è lo è. Quello che non sa, che il suo nipotino, è suo figlio. non si può, sborrare, in figa, tre o quattro volte, a una ragazza vergine. Lui non lo sa, è non glie lo dirò mai.

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