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Un Incontro, eccezionale. ( Di Corrado )




                                      Un Incontro, eccezionale.
Alcuni anni fa, mi offrirono un lavoro, su una nave. Io che di nave non ne capivo nulla. Il comandante amico d’infanzia, mi chiese di andare con lui. Era consapevole che, avrei guadagnato molto meno.
Sono un cuoco, lavoro in giro per il mondo. Accettai di andare con lui, di fatti siccome non avevo i documenti, da persona di mare. Mi imbarcarono, da passeggero. Veniamo alla nostra storia. Raggiunsi la nave nel porto di Venezia. Il mio amico, è comandante mi fece festa nel vedermi, il piacere fu reciproco. Presi possesso delle rimanenze, in cambusa. Iniziai a lavorare, alle diciannove, si cenava. Venne in comandante, e con lui il direttore di macchina. E’ ci mancava poco che mi bruciavo ai fornelli, con loro, era entrata. Una ragazza da sballo. Vi do la mia parola, che una ragazza, cosi lo vista, solo sui rotocalchi. Alta con un fisico, fantastico. Credo senza, ombra di dubbio, che mi innamorai di lei. Quello che non riuscivo a capire. Perché vestiva in uno modo, che la procurava disaggio. Una minigonna, cosi, corta, che ci mancava poco, che si vedevano le mutandine, una maglietta con una scollatura vertiginosa. Notai che era a disaggio. Dopo aver finito il mio lavoro, il comandante, è amico mi chiamo nel salone,. Il tavolo era rotondo, nel sedermi, di proposito toccai la coscia di lei. Poteva scostare la coscia, invece accetto il contatto. Solo con il tocco mi ero eccitato cosi tanto, che per mia fortuna, avevo il grembiule, nascondeva. Gli ufficiali mi ponevano delle domande, le mie risposte erano vaghe. La mia testa non sapeva, o non voleva sentire altro. Era lei l’ oggetto dei miei pensieri, è dei miei più perversi, la sua bocca, mi dava da pensare, come farà un pompino?. Non nascondo che mi feci una sega sotto la doccia. Tutte le volte che avevamo l’occasione d’incontrarci, gli mostravo la mia simpatia. E’ trovavo tutte le scuse, per toccarla. Un pomeriggio avevo appena aperto la cucina, che entro lei. Mi dica signora cosa posso fare per lei.
- Mi può dare un limone, è un arancia. Signora devo andare giù, a prenderla.
- Posso venire con lei, sono curiosa di vedere la cambusa. Venga, faccia attenzione ai scalini. Al piano di sotto cera la cambusa è le celle frigo. All’ultimo scalino la presi per mano. Come fu libera dalla scala, me la tirai, a me, cercai la sua bocca. Lei non si oppose, mi offri la bocca, accolse la mia lingua. Ebbe inizio, il gioco delle lingue. Misi la mano, tra le cosce, è con la gonna corta. Arrivai subito, alla mutandina, misi un dito in figa, non cera tempo. Qualcuno poteva scendere. Tirai fuori il cazzo. Lo guidai, è con un colpo di reni, entrai in lei. Iniziai a chiavarla, rapido, mi muovevo con velocità. Era un orario che potevano scendere, alcuni del personale. Non ci misi molto diedi un colpo di rene entrai, del tutto, è mi fermai. Gli feci una sborrata, in figa. Ci rimettemmo in ordine senza scambiare una sola parola. Passarono alcuni giorni. Con buongiorno, buona sera. Un pomeriggio, decisi di andare sulla normale. La normale in termine marinaresca è, quel ponte che si trova sul ponte di comando,avrete visto delle navi dove ce l’albero, del radar altri congegni, ce li la bussola, magnetica, che chiamano normale. Non è un luogo di passaggio,. Come arrivai su, restai sorpreso, cera lei, in costume. Con un due pezzi cosi piccoli da sembrare ridicoli. Mi sorrise. Li vicino cera una porta, si entrava nella ciminiera. Non ci pensai su due volte. Tesi la mano. L’aiutai ad alzarsi,. Senza parole, la portai nella ciminiera. Faceva un po’ caldo. Ma non importava- mi inginocchiai, gli tirai giù quel piccolo pezzo di stoffa, che le copriva la figa, mi inginocchiai, passai la punta della lingua tra le labbra, cercando il clitoride. Lo presi tra le labbra, lo martellavo con la punta della lingua. Lei aveva messo le mani sulla mia testa. È mi pressava, sulla figa. Se ce una cosa che mi fa, arrapare un mondo. È quando mi trovo con la testa tra le cosce di una donna e lei mi stringe, è mi pressa sulla fica. Dopo un poco. Mi alzai, tirai fuori il cazzo, la pressai giù. Lei capi, s’mi inginocchio, prese il cazzo, inizio a leccarlo. Prese la capocchia, in bocca. Gli misi la mano sulla testa. L’accompagnavo, nel movimento di avanti indietro. Lo succhiava che era, stupendo. Ero consapevole, che non avevo tempo. Poteva arrivare qualcuno. Aumentai il ritmo, la tenevo ferma con la testa, la chiavavo in bocca. Non ci volle molto. Gli sborrai in fondo alla gola, tanta di quella sperma, che lei si libero. Si pulì la bocca, è senza scambiarci una sola parola, usci fuori dalla ciminiera. Cera una scaletta a pioli. Che portava giù, si usciva a un ponte inferiore.
Dal quel giorno. Non ci fu, più occasione, d’incontrarci. Lei andò via. Io dopo tre mesi, decisi di lasciare la nave. Perdevo molti soldi,. Tornai nella mia città. Iniziai a lavorare, in un noto ristorante, della zona. Una sera, mi chiamarono a un tavolo. Nel andarci passavo, tra i tavoli. Restai scioccato, era li seduta con una signora, è un uomo di una certa età. Mi fermai a salutarla. Come va.
- Bene grazie, è tu.
- Come vedi si lavora. Anna mi dai il tuo numero mi piacerebbe, parlare un po’ con te, sempre se ti va.
Continuare la storia, non mi va. Il motivo è semplice. Non racconto, quello che faccio con mia moglie nel letto.
Si era lasciato con quel, direttore. Oggi abbiamo due bambini.
Questo fu il mio imbarco.


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