La foto, è casuale |
Mia Suocera, Navajo
Vi raccontero,
la storia che ho vissuto con mia suocera, Navajo.
Dopo che
avevamo scopato, fatti dei sessantanove, lunghissimi, mamma fece ritorno in
Italia e prima di partire, mi fece promettere due cose, la prima che appena
potevo muovermi sarei andato da lei al paese, anche i familiari volevano
vedermi, la seconda cercare di scoparmi mia suocera.
Facile a dirsi
ma come fai? quando vedi una donna gentile, taciturna, che non sorride mai, mi
capitava dì incontrarla al supermercato, ci scambiavamo i saluti, le facevo i
complimenti, lei accettava e sorrideva, un giorno ero al parcheggio del supermercato,
lei arrivò, parcheggio di fianco alla mia auto.
Ciao come va?
è molto che non ci vediamo.
Sei tu che non
ti fai vedere più, che ti abbiamo fatto?
Niente, non mi
avete fatto niente, il lavoro mi tiene impegnato; nel salutarla, la baciai
sulle guance e di proposito, nel passare da una guancia all’altra, come fosse una
cosa casuale mi fermai sulla bocca, lei non si scansò, rimase come in attesa, le
passai la lingua tra le labbra e lei fece lo stesso con me ma non era il posto
giusto per baciarla dandogli la lingua, quindi le accarezzai il viso.
Dimmi perché l’hai,
fatto?
E dal giorno
che ti ho conosciuta, che desidero baciarti.
Anche io lo
desideravo, prima mi bloccava il fatto che tu fossi il marito di mia figlia,
visto come si è comportata con te, non mi interessa più, se vuoi baciarmi,
trova tu il tempo e il luogo adatto.
Potresti
venire da me sabato, con la scusa di aiutare ‘’Raggio di luna’’ questo è il
nome che la tribù di mia suocera aveva dato a mia figlia, il suo nome, è
Francesca, in ricordo di una vecchia canzone di Battisti.
Vediamo, non
prometto nulla.
Ci salutammo,
consapevoli che qualcosa stava nascendo tra noi, il sabato mattina si presentò
alla porta. Buongiorno entra, Raggio di luna dorme, vieni. La presi per mano,
la portai di la nel mio ufficio, mi chiusi la porta alle spalle, la presi per i
fianchi e la baciai, le nostre bocche si fusero, le lingue si cercavano, le mie
mani esploravano il suo corpo, le sollevai il vestito, ci fu appena il tempo di
toccarle la coscia che mia figlia mi chiamava, ci rimettemmo a posto rapidamente
ed andammo verso mia figlia che appena la vedeva le si attaccava, cosi non ci
fu il tempo per continuare. Passarono alcuni mesi, a mio suocero gli venne un
malore che dopo un po’ di tempo lo portò alla morte, al funerale venne anche la
mia ex moglie. Da quel giorno non ci vedemmo molto, era una loro usanza restare
da soli quando veniva a mancare un coniuge. Una sera mi chiamò dicendomi che
arrivava, doveva chiedermi, un favore. Rassettai un po’, all’arrivo la baciai
sulle guance, entra dimmi cosa posso fare per te, la donna più bella, del mondo?
Grazie sei
gentile e non lo merito, mi devi scusare che ne approfitto, ho deciso di fare
un viaggio, voglio andare dalla mia famiglia, desidero vedere la mia gente.
Che dirti? sei
libera vacci. Lo so, ti voglio chiedere se vieni con me, anche ‘’Raggio di
Luna’’ i miei genitori vogliono conoscerla, ti prego non dirmi di no. Non dico
di no, devo chiedere, in ufficio se posso prendermi dei giorni liberi; adesso
siamo soli, vieni qua, è molto che aspetto, lei è a casa da una sua amica. La
presi per mano e la portai sul divano, non voglio solo baciarti, desidero
scoparti, chiavarti, vuoi? Certo che lo voglio abbiamo atteso tanto. Mi viene un’idea,
aspetta un attimo, chiamai a casa Cap. 2
Mia Suocera, Navajo
Vi raccontero,
la storia che ho vissuto con mia suocera, Navajo.
Dopo che
avevamo scopato, fatti dei sessantanove, lunghissimi, mamma fece ritorno in
Italia e prima di partire, mi fece promettere due cose, la prima che appena
potevo muovermi sarei andato da lei al paese, anche i familiari volevano
vedermi, la seconda cercare di scoparmi mia suocera.
Facile a dirsi
ma come fai? quando vedi una donna gentile, taciturna, che non sorride mai, mi
capitava dì incontrarla al supermercato, ci scambiavamo i saluti, le facevo i
complimenti, lei accettava e sorrideva, un giorno ero al parcheggio del supermercato,
lei arrivò, parcheggio di fianco alla mia auto.
Ciao come va?
è molto che non ci vediamo.
Sei tu che non
ti fai vedere più, che ti abbiamo fatto?
Niente, non mi
avete fatto niente, il lavoro mi tiene impegnato; nel salutarla, la baciai
sulle guance e di proposito, nel passare da una guancia all’altra, come fosse una
cosa casuale mi fermai sulla bocca, lei non si scansò, rimase come in attesa, le
passai la lingua tra le labbra e lei fece lo stesso con me ma non era il posto
giusto per baciarla dandogli la lingua, quindi le accarezzai il viso.
Dimmi perché l’hai,
fatto?
E dal giorno
che ti ho conosciuta, che desidero baciarti.
Anche io lo
desideravo, prima mi bloccava il fatto che tu fossi il marito di mia figlia,
visto come si è comportata con te, non mi interessa più, se vuoi baciarmi,
trova tu il tempo e il luogo adatto.
Potresti
venire da me sabato, con la scusa di aiutare ‘’Raggio di luna’’ questo è il
nome che la tribù di mia suocera aveva dato a mia figlia, il suo nome, è
Francesca, in ricordo di una vecchia canzone di Battisti.
Vediamo, non
prometto nulla.
Ci salutammo,
consapevoli che qualcosa stava nascendo tra noi, il sabato mattina si presentò
alla porta. Buongiorno entra, Raggio di luna dorme, vieni. La presi per mano,
la portai di la nel mio ufficio, mi chiusi la porta alle spalle, la presi per i
fianchi e la baciai, le nostre bocche si fusero, le lingue si cercavano, le mie
mani esploravano il suo corpo, le sollevai il vestito, ci fu appena il tempo di
toccarle la coscia che mia figlia mi chiamava, ci rimettemmo a posto rapidamente
ed andammo verso mia figlia che appena la vedeva le si attaccava, cosi non ci
fu il tempo per continuare. Passarono alcuni mesi, a mio suocero gli venne un
malore che dopo un po’ di tempo lo portò alla morte, al funerale venne anche la
mia ex moglie. Da quel giorno non ci vedemmo molto, era una loro usanza restare
da soli quando veniva a mancare un coniuge. Una sera mi chiamò dicendomi che
arrivava, doveva chiedermi, un favore. Rassettai un po’, all’arrivo la baciai
sulle guance, entra dimmi cosa posso fare per te, la donna più bella, del mondo?
Grazie sei
gentile e non lo merito, mi devi scusare che ne approfitto, ho deciso di fare
un viaggio, voglio andare dalla mia famiglia, desidero vedere la mia gente.
Che dirti? sei
libera vacci. Lo so, ti voglio chiedere se vieni con me, anche ‘’Raggio di
Luna’’ i miei genitori vogliono conoscerla, ti prego non dirmi di no. Non dico
di no, devo chiedere, in ufficio se posso prendermi dei giorni liberi; adesso
siamo soli, vieni qua, è molto che aspetto, lei è a casa da una sua amica. La
presi per mano e la portai sul divano, non voglio solo baciarti, desidero
scoparti, chiavarti, vuoi? Certo che lo voglio abbiamo atteso tanto. Mi viene un’idea,
aspetta un attimo, chiamai a casa dell’amica di mia figlia, chiesi se potevano
tenerla per un po’ di tempo, un contrattempo, m’impediva, di andare a prenderla,
la risposta fu che non c’erano problemi, ritornai da lei, siamo liberi per un
bel po’ di tempo, vieni andiamo in camera da letto, le misi la mano nel fianco
la portai in camera ed iniziai a
spogliarla mentre lei spogliava me, quando rimase nuda, restai sbalordito, una
statua color rame, il suo corpo era sodo, il seno di una misura media, era duro
e puntava dritto verso la mia avida bocca, i capezzoli scuri come due more, ne
presi uno in bocca iniziando a leccarlo, lo martellavo con la punta della
lingua, le accarezzavo il culo, passai davanti, lei apri le cosce per agevolare
la mia mano. Caro stendiamoci sul letto in modo che possa ricambiarti. L’aiutai
a distendersi, vedendola distesa, guardando il suo corpo, mi ricordai di una
frase, che abbiamo sentito tante volte nella nostra vita: viso pallido e cazzo
se avevano ragione. Io che sono più bianco di un lenzuolo fresco di bucato, il
contrasto era enorme, lei mi chiese di mettermi nella posizione del
sessantanove, le allargai le cosce quel tanto da potermi mettere con la testa
nel mezzo, il pube era ricoperto da una peluria rosa e nera, passai la punta
della lingua nel mezzo a dividere le labbra, stuzzicai il clitoride, reagì
indurendosi, era piccolissimo, aveva la dimensione di un pisello. La fica
aprendosi, tra il nero delle labbra ed il rosso intenso, delle piccole labbra,
sembrava un fiore carnivoro, mi ci dedicai con piacere, leccavo e succhiavo il
pisello, le misi due dite dentro, lei aveva preso il cazzo e lo leccava tutto
intorno, sentivo il piacere, salire dalle palle arrivare alla testa, che
pompino!!, mai così ho provato piacere, non volevo sborrare così, avevo atteso
troppo e volevo chiavarla, non venire con un pompino, anche se era fantastico. Cambiai
posizione, mi distesi su di lei, guidai il cazzo, entrai lentamente, era come
assaggiare un frutto, saporito lentamente, lei mi invocò di chiavarla con
forza, di essere brutale, (è una cosa che non mi piace molto, essere brutale) ma
lei lo voleva, iniziai a chiavarla con forza, sentivo il rumore dei nostri
corpi, i due pubi si toccavano. Caro ti dispiace, se mi metto io di sopra? mi
piace dettare il ritmo. Come vuoi. Mi girai portandola con me, poggiò le mani
sul mio torace iniziando a salire e scendere, quando ce l’aveva tutto dentro si
fermava e muoveva solo il corpo, era come fare una massaggio al cazzo, ed all’utero.
Amore questo vuol dire scopare, che bello, è tanto tempo che non provavo
piacere. E per me e lo stesso, mia amata indiana, sei fantastica. Non resistevo
più, dovevo sborrare, le misi le mani nei fianchi e la tenevo ferma, mi muovevo
da sotto, gridammo insieme il nostro godimento, fu un’esplosione di piacere, un
pochino di pausa e poi riprendemmo; mi dispiaceva mandarla via ma dovevo andare
da mia figlia.
Riuscii ad
organizzarmi per il viaggio, lei non voleva prendere l’aero, aveva una paura
folle, presi in affitto un’auto, partimmo per l’Arizona, una distanza enorme
quasi 2400 miglia, ci fermavamo per la notte, a mia figlia si diceva che per
risparmiare prendevamo un camera sola con due letti, lei si addormentava e noi ci
davamo dentro a scopare, le chiesi il culo ma si rifiutò disse che il culo è
uno strumento, per fare cacca, non per dare piacere, peccato ma non potevo
costringerla. Il resto della storia, non è interessante, salvo per una cronaca,
turistica, che non interessa a nessuno, voglio dire che l’impatto nel vedere la
sua gente, fu fantastico, non certo per la zona per turisti, è quella dove
vivevano che prende, io credo che in tutti noi, resta nell’inconscio, il
bambino che sogna i cowboy, gli indiani. La storia con mia suocera continuò, ma
come tutte le storie poi finiscono, lei tornò dalla sua gente, io mi guardo
intorno in attesa di fare un viaggio verso la mamma.
di mia figlia, chiesi se potevano
tenerla per un po’ di tempo, un contrattempo, m’impediva, di andare a prenderla,
la risposta fu che non c’erano problemi, ritornai da lei, siamo liberi per un
bel po’ di tempo, vieni andiamo in camera da letto, le misi la mano nel fianco
la portai in camera ed iniziai a
spogliarla mentre lei spogliava me, quando rimase nuda, restai sbalordito, una
statua color rame, il suo corpo era sodo, il seno di una misura media, era duro
e puntava dritto verso la mia avida bocca, i capezzoli scuri come due more, ne
presi uno in bocca iniziando a leccarlo, lo martellavo con la punta della
lingua, le accarezzavo il culo, passai davanti, lei apri le cosce per agevolare
la mia mano. Caro stendiamoci sul letto in modo che possa ricambiarti. L’aiutai
a distendersi, vedendola distesa, guardando il suo corpo, mi ricordai di una
frase, che abbiamo sentito tante volte nella nostra vita: viso pallido e cazzo
se avevano ragione. Io che sono più bianco di un lenzuolo fresco di bucato, il
contrasto era enorme, lei mi chiese di mettermi nella posizione del
sessantanove, le allargai le cosce quel tanto da potermi mettere con la testa
nel mezzo, il pube era ricoperto da una peluria rosa e nera, passai la punta
della lingua nel mezzo a dividere le labbra, stuzzicai il clitoride, reagì
indurendosi, era piccolissimo, aveva la dimensione di un pisello. La fica
aprendosi, tra il nero delle labbra ed il rosso intenso, delle piccole labbra,
sembrava un fiore carnivoro, mi ci dedicai con piacere, leccavo e succhiavo il
pisello, le misi due dite dentro, lei aveva preso il cazzo e lo leccava tutto
intorno, sentivo il piacere, salire dalle palle arrivare alla testa, che
pompino!!, mai così ho provato piacere, non volevo sborrare così, avevo atteso
troppo e volevo chiavarla, non venire con un pompino, anche se era fantastico. Cambiai
posizione, mi distesi su di lei, guidai il cazzo, entrai lentamente, era come
assaggiare un frutto, saporito lentamente, lei mi invocò di chiavarla con
forza, di essere brutale, (è una cosa che non mi piace molto, essere brutale) ma
lei lo voleva, iniziai a chiavarla con forza, sentivo il rumore dei nostri
corpi, i due pubi si toccavano. Caro ti dispiace, se mi metto io di sopra? mi
piace dettare il ritmo. Come vuoi. Mi girai portandola con me, poggiò le mani
sul mio torace iniziando a salire e scendere, quando ce l’aveva tutto dentro si
fermava e muoveva solo il corpo, era come fare una massaggio al cazzo, ed all’utero.
Amore questo vuol dire scopare, che bello, è tanto tempo che non provavo
piacere. E per me e lo stesso, mia amata indiana, sei fantastica. Non resistevo
più, dovevo sborrare, le misi le mani nei fianchi e la tenevo ferma, mi muovevo
da sotto, gridammo insieme il nostro godimento, fu un’esplosione di piacere, un
pochino di pausa e poi riprendemmo; mi dispiaceva mandarla via ma dovevo andare
da mia figlia.
Riuscii ad
organizzarmi per il viaggio, lei non voleva prendere l’aero, aveva una paura
folle, presi in affitto un’auto, partimmo per l’Arizona, una distanza enorme
quasi 2400 miglia, ci fermavamo per la notte, a mia figlia si diceva che per
risparmiare prendevamo un camera sola con due letti, lei si addormentava e noi ci
davamo dentro a scopare, le chiesi il culo ma si rifiutò disse che il culo è
uno strumento, per fare cacca, non per dare piacere, peccato ma non potevo
costringerla. Il resto della storia, non è interessante, salvo per una cronaca,
turistica, che non interessa a nessuno, voglio dire che l’impatto nel vedere la
sua gente, fu fantastico, non certo per la zona per turisti, è quella dove
vivevano che prende, io credo che in tutti noi, resta nell’inconscio, il
bambino che sogna i cowboy, gli indiani. La storia con mia suocera continuò, ma
come tutte le storie poi finiscono, lei tornò dalla sua gente, io mi guardo
intorno in attesa di fare un viaggio verso la mamma.
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