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venerdì 9 febbraio 2018

Mia Suocera, Navajo

La foto, è casuale 
                                     
 Mia Suocera, Navajo
Vi raccontero, la storia che ho vissuto con mia suocera, Navajo.
Dopo che avevamo scopato, fatti dei sessantanove, lunghissimi, mamma fece ritorno in Italia e prima di partire, mi fece promettere due cose, la prima che appena potevo muovermi sarei andato da lei al paese, anche i familiari volevano vedermi, la seconda cercare di scoparmi mia suocera.
Facile a dirsi ma come fai? quando vedi una donna gentile, taciturna, che non sorride mai, mi capitava dì incontrarla al supermercato, ci scambiavamo i saluti, le facevo i complimenti, lei accettava e sorrideva, un giorno ero al parcheggio del supermercato, lei arrivò, parcheggio di fianco alla mia auto.

Ciao come va? è molto che non ci vediamo.
Sei tu che non ti fai vedere più, che ti abbiamo fatto?
Niente, non mi avete fatto niente, il lavoro mi tiene impegnato; nel salutarla, la baciai sulle guance e di proposito, nel passare da una guancia all’altra, come fosse una cosa casuale mi fermai sulla bocca, lei non si scansò, rimase come in attesa, le passai la lingua tra le labbra e lei fece lo stesso con me ma non era il posto giusto per baciarla dandogli la lingua, quindi le accarezzai il viso.
Dimmi perché l’hai, fatto?
E dal giorno che ti ho conosciuta, che desidero baciarti.
Anche io lo desideravo, prima mi bloccava il fatto che tu fossi il marito di mia figlia, visto come si è comportata con te, non mi interessa più, se vuoi baciarmi, trova tu il tempo e il luogo adatto.
Potresti venire da me sabato, con la scusa di aiutare ‘’Raggio di luna’’ questo è il nome che la tribù di mia suocera aveva dato a mia figlia, il suo nome, è Francesca, in ricordo di una vecchia canzone di Battisti.
Vediamo, non prometto nulla.
Ci salutammo, consapevoli che qualcosa stava nascendo tra noi, il sabato mattina si presentò alla porta. Buongiorno entra, Raggio di luna dorme, vieni. La presi per mano, la portai di la nel mio ufficio, mi chiusi la porta alle spalle, la presi per i fianchi e la baciai, le nostre bocche si fusero, le lingue si cercavano, le mie mani esploravano il suo corpo, le sollevai il vestito, ci fu appena il tempo di toccarle la coscia che mia figlia mi chiamava, ci rimettemmo a posto rapidamente ed andammo verso mia figlia che appena la vedeva le si attaccava, cosi non ci fu il tempo per continuare. Passarono alcuni mesi, a mio suocero gli venne un malore che dopo un po’ di tempo lo portò alla morte, al funerale venne anche la mia ex moglie. Da quel giorno non ci vedemmo molto, era una loro usanza restare da soli quando veniva a mancare un coniuge. Una sera mi chiamò dicendomi che arrivava, doveva chiedermi, un favore. Rassettai un po’, all’arrivo la baciai sulle guance, entra dimmi cosa posso fare per te, la donna più bella, del mondo?
Grazie sei gentile e non lo merito, mi devi scusare che ne approfitto, ho deciso di fare un viaggio, voglio andare dalla mia famiglia, desidero vedere la mia gente.
Che dirti? sei libera vacci. Lo so, ti voglio chiedere se vieni con me, anche ‘’Raggio di Luna’’ i miei genitori vogliono conoscerla, ti prego non dirmi di no. Non dico di no, devo chiedere, in ufficio se posso prendermi dei giorni liberi; adesso siamo soli, vieni qua, è molto che aspetto, lei è a casa da una sua amica. La presi per mano e la portai sul divano, non voglio solo baciarti, desidero scoparti, chiavarti, vuoi? Certo che lo voglio abbiamo atteso tanto. Mi viene un’idea, aspetta un attimo, chiamai a casa                                       Cap.    2
 Mia Suocera, Navajo
Vi raccontero, la storia che ho vissuto con mia suocera, Navajo.
Dopo che avevamo scopato, fatti dei sessantanove, lunghissimi, mamma fece ritorno in Italia e prima di partire, mi fece promettere due cose, la prima che appena potevo muovermi sarei andato da lei al paese, anche i familiari volevano vedermi, la seconda cercare di scoparmi mia suocera.
Facile a dirsi ma come fai? quando vedi una donna gentile, taciturna, che non sorride mai, mi capitava dì incontrarla al supermercato, ci scambiavamo i saluti, le facevo i complimenti, lei accettava e sorrideva, un giorno ero al parcheggio del supermercato, lei arrivò, parcheggio di fianco alla mia auto.
Ciao come va? è molto che non ci vediamo.
Sei tu che non ti fai vedere più, che ti abbiamo fatto?
Niente, non mi avete fatto niente, il lavoro mi tiene impegnato; nel salutarla, la baciai sulle guance e di proposito, nel passare da una guancia all’altra, come fosse una cosa casuale mi fermai sulla bocca, lei non si scansò, rimase come in attesa, le passai la lingua tra le labbra e lei fece lo stesso con me ma non era il posto giusto per baciarla dandogli la lingua, quindi le accarezzai il viso.
Dimmi perché l’hai, fatto?
E dal giorno che ti ho conosciuta, che desidero baciarti.
Anche io lo desideravo, prima mi bloccava il fatto che tu fossi il marito di mia figlia, visto come si è comportata con te, non mi interessa più, se vuoi baciarmi, trova tu il tempo e il luogo adatto.
Potresti venire da me sabato, con la scusa di aiutare ‘’Raggio di luna’’ questo è il nome che la tribù di mia suocera aveva dato a mia figlia, il suo nome, è Francesca, in ricordo di una vecchia canzone di Battisti.
Vediamo, non prometto nulla.
Ci salutammo, consapevoli che qualcosa stava nascendo tra noi, il sabato mattina si presentò alla porta. Buongiorno entra, Raggio di luna dorme, vieni. La presi per mano, la portai di la nel mio ufficio, mi chiusi la porta alle spalle, la presi per i fianchi e la baciai, le nostre bocche si fusero, le lingue si cercavano, le mie mani esploravano il suo corpo, le sollevai il vestito, ci fu appena il tempo di toccarle la coscia che mia figlia mi chiamava, ci rimettemmo a posto rapidamente ed andammo verso mia figlia che appena la vedeva le si attaccava, cosi non ci fu il tempo per continuare. Passarono alcuni mesi, a mio suocero gli venne un malore che dopo un po’ di tempo lo portò alla morte, al funerale venne anche la mia ex moglie. Da quel giorno non ci vedemmo molto, era una loro usanza restare da soli quando veniva a mancare un coniuge. Una sera mi chiamò dicendomi che arrivava, doveva chiedermi, un favore. Rassettai un po’, all’arrivo la baciai sulle guance, entra dimmi cosa posso fare per te, la donna più bella, del mondo?
Grazie sei gentile e non lo merito, mi devi scusare che ne approfitto, ho deciso di fare un viaggio, voglio andare dalla mia famiglia, desidero vedere la mia gente.
Che dirti? sei libera vacci. Lo so, ti voglio chiedere se vieni con me, anche ‘’Raggio di Luna’’ i miei genitori vogliono conoscerla, ti prego non dirmi di no. Non dico di no, devo chiedere, in ufficio se posso prendermi dei giorni liberi; adesso siamo soli, vieni qua, è molto che aspetto, lei è a casa da una sua amica. La presi per mano e la portai sul divano, non voglio solo baciarti, desidero scoparti, chiavarti, vuoi? Certo che lo voglio abbiamo atteso tanto. Mi viene un’idea, aspetta un attimo, chiamai a casa dell’amica di mia figlia, chiesi se potevano tenerla per un po’ di tempo, un contrattempo, m’impediva, di andare a prenderla, la risposta fu che non c’erano problemi, ritornai da lei, siamo liberi per un bel po’ di tempo, vieni andiamo in camera da letto, le misi la mano nel fianco la portai in camera ed  iniziai a spogliarla mentre lei spogliava me, quando rimase nuda, restai sbalordito, una statua color rame, il suo corpo era sodo, il seno di una misura media, era duro e puntava dritto verso la mia avida bocca, i capezzoli scuri come due more, ne presi uno in bocca iniziando a leccarlo, lo martellavo con la punta della lingua, le accarezzavo il culo, passai davanti, lei apri le cosce per agevolare la mia mano. Caro stendiamoci sul letto in modo che possa ricambiarti. L’aiutai a distendersi, vedendola distesa, guardando il suo corpo, mi ricordai di una frase, che abbiamo sentito tante volte nella nostra vita: viso pallido e cazzo se avevano ragione. Io che sono più bianco di un lenzuolo fresco di bucato, il contrasto era enorme, lei mi chiese di mettermi nella posizione del sessantanove, le allargai le cosce quel tanto da potermi mettere con la testa nel mezzo, il pube era ricoperto da una peluria rosa e nera, passai la punta della lingua nel mezzo a dividere le labbra, stuzzicai il clitoride, reagì indurendosi, era piccolissimo, aveva la dimensione di un pisello. La fica aprendosi, tra il nero delle labbra ed il rosso intenso, delle piccole labbra, sembrava un fiore carnivoro, mi ci dedicai con piacere, leccavo e succhiavo il pisello, le misi due dite dentro, lei aveva preso il cazzo e lo leccava tutto intorno, sentivo il piacere, salire dalle palle arrivare alla testa, che pompino!!, mai così ho provato piacere, non volevo sborrare così, avevo atteso troppo e volevo chiavarla, non venire con un pompino, anche se era fantastico. Cambiai posizione, mi distesi su di lei, guidai il cazzo, entrai lentamente, era come assaggiare un frutto, saporito lentamente, lei mi invocò di chiavarla con forza, di essere brutale, (è una cosa che non mi piace molto, essere brutale) ma lei lo voleva, iniziai a chiavarla con forza, sentivo il rumore dei nostri corpi, i due pubi si toccavano. Caro ti dispiace, se mi metto io di sopra? mi piace dettare il ritmo. Come vuoi. Mi girai portandola con me, poggiò le mani sul mio torace iniziando a salire e scendere, quando ce l’aveva tutto dentro si fermava e muoveva solo il corpo, era come fare una massaggio al cazzo, ed all’utero. Amore questo vuol dire scopare, che bello, è tanto tempo che non provavo piacere. E per me e lo stesso, mia amata indiana, sei fantastica. Non resistevo più, dovevo sborrare, le misi le mani nei fianchi e la tenevo ferma, mi muovevo da sotto, gridammo insieme il nostro godimento, fu un’esplosione di piacere, un pochino di pausa e poi riprendemmo; mi dispiaceva mandarla via ma dovevo andare da mia figlia.
Riuscii ad organizzarmi per il viaggio, lei non voleva prendere l’aero, aveva una paura folle, presi in affitto un’auto, partimmo per l’Arizona, una distanza enorme quasi 2400 miglia, ci fermavamo per la notte, a mia figlia si diceva che per risparmiare prendevamo un camera sola con due letti, lei si addormentava e noi ci davamo dentro a scopare, le chiesi il culo ma si rifiutò disse che il culo è uno strumento, per fare cacca, non per dare piacere, peccato ma non potevo costringerla. Il resto della storia, non è interessante, salvo per una cronaca, turistica, che non interessa a nessuno, voglio dire che l’impatto nel vedere la sua gente, fu fantastico, non certo per la zona per turisti, è quella dove vivevano che prende, io credo che in tutti noi, resta nell’inconscio, il bambino che sogna i cowboy, gli indiani. La storia con mia suocera continuò, ma come tutte le storie poi finiscono, lei tornò dalla sua gente, io mi guardo intorno in attesa di fare un viaggio verso la mamma.

    di mia figlia, chiesi se potevano tenerla per un po’ di tempo, un contrattempo, m’impediva, di andare a prenderla, la risposta fu che non c’erano problemi, ritornai da lei, siamo liberi per un bel po’ di tempo, vieni andiamo in camera da letto, le misi la mano nel fianco la portai in camera ed  iniziai a spogliarla mentre lei spogliava me, quando rimase nuda, restai sbalordito, una statua color rame, il suo corpo era sodo, il seno di una misura media, era duro e puntava dritto verso la mia avida bocca, i capezzoli scuri come due more, ne presi uno in bocca iniziando a leccarlo, lo martellavo con la punta della lingua, le accarezzavo il culo, passai davanti, lei apri le cosce per agevolare la mia mano. Caro stendiamoci sul letto in modo che possa ricambiarti. L’aiutai a distendersi, vedendola distesa, guardando il suo corpo, mi ricordai di una frase, che abbiamo sentito tante volte nella nostra vita: viso pallido e cazzo se avevano ragione. Io che sono più bianco di un lenzuolo fresco di bucato, il contrasto era enorme, lei mi chiese di mettermi nella posizione del sessantanove, le allargai le cosce quel tanto da potermi mettere con la testa nel mezzo, il pube era ricoperto da una peluria rosa e nera, passai la punta della lingua nel mezzo a dividere le labbra, stuzzicai il clitoride, reagì indurendosi, era piccolissimo, aveva la dimensione di un pisello. La fica aprendosi, tra il nero delle labbra ed il rosso intenso, delle piccole labbra, sembrava un fiore carnivoro, mi ci dedicai con piacere, leccavo e succhiavo il pisello, le misi due dite dentro, lei aveva preso il cazzo e lo leccava tutto intorno, sentivo il piacere, salire dalle palle arrivare alla testa, che pompino!!, mai così ho provato piacere, non volevo sborrare così, avevo atteso troppo e volevo chiavarla, non venire con un pompino, anche se era fantastico. Cambiai posizione, mi distesi su di lei, guidai il cazzo, entrai lentamente, era come assaggiare un frutto, saporito lentamente, lei mi invocò di chiavarla con forza, di essere brutale, (è una cosa che non mi piace molto, essere brutale) ma lei lo voleva, iniziai a chiavarla con forza, sentivo il rumore dei nostri corpi, i due pubi si toccavano. Caro ti dispiace, se mi metto io di sopra? mi piace dettare il ritmo. Come vuoi. Mi girai portandola con me, poggiò le mani sul mio torace iniziando a salire e scendere, quando ce l’aveva tutto dentro si fermava e muoveva solo il corpo, era come fare una massaggio al cazzo, ed all’utero. Amore questo vuol dire scopare, che bello, è tanto tempo che non provavo piacere. E per me e lo stesso, mia amata indiana, sei fantastica. Non resistevo più, dovevo sborrare, le misi le mani nei fianchi e la tenevo ferma, mi muovevo da sotto, gridammo insieme il nostro godimento, fu un’esplosione di piacere, un pochino di pausa e poi riprendemmo; mi dispiaceva mandarla via ma dovevo andare da mia figlia.
Riuscii ad organizzarmi per il viaggio, lei non voleva prendere l’aero, aveva una paura folle, presi in affitto un’auto, partimmo per l’Arizona, una distanza enorme quasi 2400 miglia, ci fermavamo per la notte, a mia figlia si diceva che per risparmiare prendevamo un camera sola con due letti, lei si addormentava e noi ci davamo dentro a scopare, le chiesi il culo ma si rifiutò disse che il culo è uno strumento, per fare cacca, non per dare piacere, peccato ma non potevo costringerla. Il resto della storia, non è interessante, salvo per una cronaca, turistica, che non interessa a nessuno, voglio dire che l’impatto nel vedere la sua gente, fu fantastico, non certo per la zona per turisti, è quella dove vivevano che prende, io credo che in tutti noi, resta nell’inconscio, il bambino che sogna i cowboy, gli indiani. La storia con mia suocera continuò, ma come tutte le storie poi finiscono, lei tornò dalla sua gente, io mi guardo intorno in attesa di fare un viaggio verso la mamma.



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